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La maledizione di Erika (Lady Terminator) – Recensione

By on 17 Novembre 2023 0 482 Views
La maledizione di Erika (Lady Terminator) Oblivion Grindhouse

Oblivion Grindhouse è una collana dedicata al cinema di serie b, che riscopre piccole chicche ignorate o dimenticate del panorama horror degli anni 70/80, riproponendole in DVD nella migliore qualità possibile con audio italiano dell’epoca.

La maledizione di Erika è una delle ultime uscite, forse passata un po’ in sordina rispetto agli altri titoli magari più noti e altisonanti. Un vero peccato, visto che La maledizione di Erika è fra i film più assurdi e divertenti che vi capiterà di vedere. Se dovessimo stilare una top 10 dei più spassosi e deliranti b-movie anni ’80 da vedere con gli amici questo sicuramente rientrerebbe in classifica.

Lady Terminator (Tjut Djalil, 1988)

La Regina dei Mari del Sud, potente e antica dea, dopo essere stata sconfitta da uno dei suoi amanti, giura vendetta scagliando una maledizione sulla discendenza dell’uomo: 100 anni più tardi sarebbe tornata per uccidere suo nipote. Come promesso, un secolo dopo, lo spirito della regina si risveglia possedendo il corpo di un’antropologa, Tania, trasformandola in una macchina di morte. La donna metterà a ferro e fuoco la città mentre cerca Erika, la nipote dell’uomo che aveva osato sfidarla.

La maledizione di Erika è un film indonesiano del 1988 diretto da Jalil Jackson (H. Tjut Djalil), noto fra gli amanti dell’horror per il delirante cult Mystics in Bali, storia a base di magia nera e tradizione locale.

Il titolo internazionale, Lady Terminator, è particolarmente azzeccato: si tratta infatti di un palese ripoff del film di Cameron dove, al posto di Schwarzenegger, troviamo una sensuale vendicatrice spesso senza veli. Preso il plot di Terminator e unito a suggestioni folkloristiche, otteniamo un prodotto esilarante e stranissimo che tocca una miriade di generi, dall’azione all’erotico, dal fantasy all’horror. Nyai Roro Kidul, la regina del Mare del Sud, è una figura reale della mitologia indonesiana, di cui vediamo più volte un dipinto relativo alla cultura Sundanese.

Lady Terminator (Tjut Djalil, 1988)

La componente fantasy è incarnata proprio dall’incipit ambientato nel passato, nel magico castello della Regina dei Mari del Sud, dove la donna consuma amplessi sessuali con numerosi uomini, nessuno dei quali sopravvive per raccontarlo. Infatti la regina infatti nasconde un serpente nella vagina (!) che morde i genitali dei maschi con cui si accoppia, provocando inspiegabili geyser di sangue.

L’unico a non farsi sorprendere è il nonno di Erika, che afferra il serpente proprio mentre sta uscendo dalla sua “tana”.

Gli elementi magici nella loro interezza non vengono minimamente spiegati, e lo spettatore confuso e allucinato accetta passivamente ciò che vede cercando di ignorare legittime domande: perché il serpente si è trasformato in un pugnale? Perché la regina si è dematerializzata? Che è successo? Che diavolo è la pietra verde? Perché appare e scompare? Perché il nonno di Erika le ha regalato la pietra se funziona come un dispositivo di tracciamento, aiutando di fatto la regina a uccidere la ragazza? Perché finisce in un occhio della regina?

Lady Terminator (Tjut Djalil, 1988)

Come ovviamente si può intuire, porsi troppi quesiti è assolutamente inutile, perché la logica non è il punto forte del film. La maledizione di Erika è un martellante susseguirsi di assurdità e quello che manca in scrittura lo recupera con un ritmo indiavolato. Il lato action del film regala soddisfazioni, visto il continuo susseguirsi di sparatorie, inseguimenti, esplosioni, fuoco e fiamme, a cui sul finale si aggiungono carri armati ed elicotteri lanciamissili. Il delirio più totale.

Lady Terminator è una statuaria Barbara Anne Constable, senza veli fra nebbioline colorate o vestita esclusivamente di pelle, con leggings traforati e giacca dalle spalline arroganti. La Constable si presenta sul set in pose plastiche assolutamente innaturali e la faccia imbronciata di una a cui hanno detto “fai la cattiva” senza ulteriori indicazioni. Nonostante la banalità del look e la mimica facciale della donna, spesso più buffa che minacciosa, la Lady Terminator risulta comunque a suo modo cazzuta e vederla nella sua opera di distruzione ha sicuramente il suo fascino.

Lady Terminator (Tjut Djalil, 1988)

Tania, aka la Regina reincarnata, scatena letteralmente l’Inferno in città mentre è sulle tracce di Erika, che sta fuggendo insieme a Max, il detective che le ha salvato la vita.

Durante i suoi fallimentari tentativi di assassinare la donna, per consolarsi non ha niente di meglio da fare che uccidere centinaia di altre persone strada facendo, che siano poliziotti, ragazze che fanno shopping, signore delle pulizie, venditori di tv. Un massacro, una carneficina, un body count talmente elevato che non ci è stato possibile tenere il conto. E, cosa assolutamente esilarante, sembra che a nessuno freghi nulla, presi come sono a proteggere Erika, tanto meno al detective Max, la cui preoccupazione principale pare essere portarsi a letto la fanciulla (spoiler: ci riesce).

Il lato erotico della vicenda è dato soprattutto dalla scene di copulazione fra la regina e i suoi spasimanti (“Dov’è l’uomo che mi potrà soddisfare?”), o da Tania, la vera sexy protagonista del film, che aggiunge al film il tocco di topless che mai dovrebbe mancare a un b-movie degli anni ’80. Memorabile anche la scena della possessione, sequenza onirica dalle sfumatura bondage in cui Tania, legata a un gigantesco letto cosparso di petali, viene penetrata dal serpente magico della strega/regina, mentre fumi e luci verdi vorticano sullo sfondo, scena random squisitamente grottesca in una storia già di per sé delirante.

Anche un horror dipendente potrà godersi il film perché offre, oltre a un quantità fuori scala di cadaveri, anche diverse scene piacevolmente splatter. Parliamo per esempio degli amanti della regina evirati da ciò che la donna nasconde nella vagina, o della poco chiara sequenza in cui Tania si cava un occhio da sola. Per non parlare del grandioso finale in cui la Lady Terminator emerge dalle fiamme sfigurata dai missili ma ancora viva, con il tragicomico aspetto verdognolo di una stregaccia o di un troll mezzo liquefatto.

Lady Terminator (Tjut Djalil, 1988)

La maledizione di Erika è un film esilarante, con tutti i suoi difetti, che vanno dai dialoghi ridicoli agli elementi della trama assolutamente incomprensibili, fino alla generale tamaraggine del prodotto che si pone come una macedonia di generi non proprio ben assortiti in cui non mancano plagi e citazioni che vanno da Terminator a Predator.

Ma ha dalla sua un ritmo forsennato, non c’è un singolo momento morto sullo schermo e le poche scene prive di cadaveri vengono compensate dai seni nudi della Constable.

Divertimento assicurato con La maledizione di Erika, quindi, una vera chicca per i fan e i collezionisti del b-movie.

Nell’edizione DVD Oblivion Grindhouse di La maledizione di Erika trovate fra gli extra un approfondimento curato da noi di Horror Dipendenza, “L’arte del ripoff”, con una panoramica sulle numerose volte che Terminator è stato preso a modello, copiato spudoratamente o semplicemente i casi in cui il titolo dell’opera di Cameron è stato sfruttato a fini commerciali da altri registi o distributori in maniera palesemente poco cristallina.

Per l’acquisto: La Maledizione di Erika DVD

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