Sign in

Sign up

Ultimo Mondo Cannibale – Recensione del cult di Ruggero Deodato

By on 8 Maggio 2024 0 382 Views

Recensione di un pilastro del genere cannibalico, Ultimo Mondo Cannibale di Ruggero Deodato, recentemente uscito nella collana Midnight Classic di Midnight Factory in un ricchissimo cofanetto tre dischi.

Ultimo mondo cannibale: Recensione del cult di Ruggero Deodato

Ultimo mondo cannibale: recensione e analisi

L’antropologo Rolf (Ivan Rassimov) e lo studioso Robert (Massimo Foschi) atterrano nella giungla di Mindanao per condurre ricerche petrolifere. Una volta arrivati al campo base, scoprono che è deserto e si rendono conto che tutti gli occupanti sono stati uccisi brutalmente dai Manabu, una tribù primitiva che pratica il cannibalismo. I due verranno aggrediti e cercheranno di fuggire per tornare all’aereo…

Ruggero Deodato, purtroppo scomparso pochi mesi fa, era un autore eccezionale e di grande cultura, l’etichetta di “regista horror” gli era sempre andata stretta: ero fiero del suo I ragazzi del muretto, aveva fatto pubblicità importanti, aveva lavorato con Rossellini, Corbucci, Margheriti. I film dell’orrore pare non gli piacessero particolarmente, diceva di aver visto solo i classici come Psycho, e in effetti le pellicole da lui girate catalogate sotto la voce “horror” sono solo una piccola parte della sua produzione registica.

Nonostante questo viene ricordato universalmente come “Monsieur Cannibal“. L’epiteto è dovuto ovviamente al suo famigerato Cannibal Holocaust, diventato il più famoso, controverso e discusso film di cannibali mai girato, che costò a Deodato denunce e decenni di insulti da parte delle associazioni animaliste.

Ultimo mondo cannibale (Ruggero Deodato, 1977)

Da Umberto Lenzi a Ruggero Deodato

L’enorme successo del film, perdurato negli anni, ha oscurato la successiva produzione di Deodato, ma anche la precedente.

Deodato aveva infatti già avuto a che fare con il filone cannibalico nel 1977 con Ultimo mondo cannibale, rimasto per anni nell’ombra del “fratello maggiore” Cannibal Holocaust ma che è senz’altro un prodotto di importanza centrale per i fan del genere. Si tratta infatti del primo vero cannibal movie, un vero gioiellino di scioccante ferocia.

La tematica della tribù cannibale era in realtà già stata affrontata in Il paese del sesso selvaggio del 1972, di Umberto Lenzi, la cui storia è però maggiormente incentrata sulla componente di avventura & romance che sui cannibali. Una sorta di versione esotica di Un uomo chiamato cavallo, quasi un melodramma con protagonista la storia d’amore fra il fotografo inglese Bradley (Ivan Rassimov) e la bella indigena (Me Me Lai).

Con Il paese del sesso selvaggio Lenzi delinea le coordinate di quello che sarà il filone Cannibal Movie, il cui primo reale esponente si rivelerà proprio Ultimo Mondo Cannibale, nato come sequel del film di Lenzi.

Il produttore Giorgio Carlo Rossi aveva infatti già firmato un contratto con la Germania per girarne il seguito mantenendo gli stessi attori, ma si trova in difficoltà di fronte alla richiesta di Lenzi, che chiede il doppio del compenso proposto. Carlo Rossi si rivolge allora a Deodato, che prende in mano le redini della situazione.

Ultimo mondo cannibale (Ruggero Deodato, 1977)

Il primo “cannibal movie”

È ben presto chiaro che Ultimo Mondo Cannibale non abbia nulla a che fare con Il paese del sesso selvaggio di Lenzi, né sul piano narrativo né stilistico, sebbene veda il ritorno dei due attori Me Me Lai e Ivan Rassimov.

Se nel film di Lenzi, il campo indigeno, ordinato, pulito e fintissimo, sembra un villaggio turistico, il film di Deodato è il vero manifesto del cannibal movie come lo conosciamo: sporco, brutale e visivamente disturbante.

Girato realmente fra il fango e le sanguisughe della giungla più fitta, Ultimo mondo cannibale porta in scena una natura spaventosa e insidiosa, un luogo in cui l’uomo bianco non dovrebbe mai avventurarsi.

La location, scelta dal regista per il suo aspetto incontaminato, era un’area isolata e inospitale della Malesia, difficile da raggiungere per la troupe, che si trovava accampata a 6 ore di piroga dalla città più vicina. Certo, Deodato avrebbe potuto girare in un parco naturalistico, come gli era stato proposto, ma non sarebbe stata la stessa cosa: voleva che sembrasse autentico, come autentiche dovevano essere le performance degli attori. Questi ultimi, costretti a temperature soffocanti e a vivere a stretto contatto con serpenti e insetti, pare fossero decisamente nella parte. Non solo loro, la vita nella giungla era difficile per tutti, compreso un giovane Lamberto Bava, segretario di edizione, morso alle mani da un serpente mentre cercava di aiutare sul set.

Ultimo mondo cannibale: Recensione del cult di Ruggero Deodato
Ultimo mondo cannibale: Recensione del cult di Ruggero Deodato

Una giungla inospitale

Deodato ricorda Ultimo mondo cannibale come il film più faticoso della sua carriera, e il pensiero è condiviso dal cast e dalla troupe che parlano delle settimane passate nella giungla come di un’esperienza sfibrante, quasi una prova di sopravvivenza.

Ovviamente, girare in luoghi tanto selvaggi portava anche a grosse difficoltà logistiche, perché spostarsi con la pesante attrezzatura era estenuante. Deodato ricorda le sei drammatiche ore di cammino per arrivare in cima a una collina per fare riprese dall’alto… I tempi dei droni erano ancora parecchio lontani.

Fra le location più suggestive e memorabili ricordiamo l’immensa Grotta Sacra, un luogo davvero singolare in cui la tribù trova riparo e compie cerimonie rituali. È in questa grotta che lo studioso Robert finisce protagonista della surreale sequenza in cui viene appeso ad una fune e fatto volare come un uccello.

Ultimo mondo cannibale (Ruggero Deodato, 1977)

Massimo Foschi nell’Inferno Verde

Robert perderà pian piano il suo status di uomo bianco “civilizzato” avvicinandosi sempre più ai “primitivi” che tanto temeva, perdendo dapprima i vestiti, che gli vengono strappati di dosso, e poi la bussola morale. Nudo, sporco, tremante e affamato, finisce per combattere, stuprare e uccidere, proprio come gli abitanti della grotta che pensava così diversi da lui.

Per la parte di Robert, Deodato cercava un uomo energico e a suo agio con la nudità, e vedendo Foschi a teatro nell’Orlando Furioso capisce che faceva perfettamente al caso suo, nonostante il produttore fosse contrario ad assumere attori teatrali.

Massimo Foschi offre un’eccezionale performance, riuscendo ad infondere nel suo personaggio tutta la disperazione e l’ostinazione di un uomo che combatte per la vita e il cui equilibrio mentale è sempre più precario.

Indimenticabile il momento clou della sua odissea, quando deve dimostrare ai cannibali che è degno di rispetto, finendo lui stesso per cannibalizzare uno dei suoi opponenti.

Gli occhi crepati e folli di Foschi mentre addenta il fegato sono uno dei momenti più emblematici di Ultimo Mondo Cannibale, ma dietro a una resa scenica così convincente c’è un curioso aneddoto. Foschi infatti racconta che il fegato (di capra) era stato dimenticato per ben tre giorni chiuso in un sacchetto sul set. Nel momento quindi in cui ha aperto il ventre del manichino una zaffata di putridume l’ha investito lasciandolo senza fiato e ha dovuto compiere uno sforzo di volontà non indifferente per riuscire a portarselo alla bocca.

Una storia vera

L’idea del film sembra essere basata sulla leggenda metropolitana che vede protagonista uno dei figli dell’imprenditore John Davison Rockefeller, Michael, esploratore e antropologo, scomparso nel 1961 in circostanze misteriose durante una spedizione in Nuova Guinea, per studiare alcune primitive popolazioni locali che pare fossero rimaste all’età della pietra.

Il giornalista Carl Hoffman, nel libro Savage Harvest, sostiene che Michael fu catturato, ucciso e mangiato dai cannibali Asmat come vendetta verso i colonialisti olandesi. Nessun resto di Rockefeller o altra prova fisica di quanto accaduto è però mai stata ritrovata.

Come il film successivo, anche Ultimo mondo cannibale viene spacciato per storia vera, per infondere alla pellicola un’aurea ancora più misteriosa e inquietante. Sul set in Malesia, Deodato lavora insieme ai nativi locali che, secondo quanto sostiene nelle interviste, non avevano mai visto l’uomo bianco e con cui comunicava con fatica. Nonostante fossero realmente tribù aborigene avevano i capelli corti e ricci, motivo per cui, con non poche difficoltà, li convinsero ad indossare lunghe parrucche. La strana ironia del cinema: puoi avere a disposizione veri indigeni ma sei costretto a truccarli per renderli credibili al pubblico.

Ultimo Mondo Cannibale Recensione
Ultimo mondo cannibale (Ruggero Deodato, 1977) – Midnight Classic

Ultimo mondo cannibale VS Cannibal Holocaust

Primo della cosiddetta “trilogia cannibalica” di Deodato, Ultimo mondo cannibale offre alcune delle sequenze più crude di sempre, come la sconvolgente morte dell’indigena buona, che viene svuotata dai propri visceri e la cui cassa toracica è riempita di pietre bollenti, scena di una morbosità a dir poco sconvolgente.

La sequenza in questione sarà oggetto di discussione col collega Umberto Lenzi, che la riciclerà senza tante cerimonie per il suo Mangiati Vivi (dove finiscono anche sequenze di La montagna del dio cannibale e del suo precedente Il Paese del sesso selvaggio).

Altrettanto scioccanti le scene di violenza su animali, fra le quali spicca il momento in cui un coccodrillo viene scuoiato e sbudellato mentre è ancora vivo, contorcendosi in preda agli spasmi, sequenza quasi insostenibile, forse persino peggiore della celeberrima scena della tartaruga di Cannibal Holocaust.

A differenza di Cannibal Holocaust che è un film più “politico”, con un forte messaggio di critica alla società contemporanea e girato con l’inedito espediente del found footage, Ultimo mondo cannibale punta a una costruzione più lineare e il sottotesto, decisamente più debole, lascia presto il passo ad un carosello di violenza senza fine che dal minuto 15 fino alla conclusione non smette un attimo di raccapricciare, fra neonati lanciati in pasto agli alligatori e braccia scarnificate da formiche carnivore.

Deodato imbastisce dunque un feroce survival movie con concreti momenti horror in cui la violenza e la tensione la fanno da padrone. Una pellicola a cui manca il realismo e il carattere reazionario del successivo Cannibal Holocaust, ma che comunque si fa ricordare per la brutalità quasi pornografica e per le location visivamente spettacolari.

Ultimo Mondo Cannibale Recensione
Ultimo mondo cannibale: Recensione del cult di Ruggero Deodato

Edizione limited Midnight Classics

Il cofanetto tre dischi Midnight Classics, con cover di Daniele Serra, contiene 3 dischi (4K Ultra HD + 2 Blu-ray), un book d’approfondimento a cura della redazione della rivista Nocturno e una card da collezione con locandina originale.

Oltre 6 ore di contenuti speciali, con interviste esclusive a Massimo Foschi, Me Me Lai e Ruggero Deodato, reperti storici da eventi quali lo Spaghetti Cinema Festival e il Joe D’amato Horror Fest e un’ora di masterclass tenuta da Nicolas Winding Refn alla scorsa Biennale di Venezia. Fra i contenuti extra anche due vere bombette, il documentario Eaten Alive – Nascita e morte del cinema cannibalico italiano, e il documentario Searching for Cannibal Holocaust di Carl Gabriel Yorke, che ripercorre le location intervistando le persone che hanno preso parte al film.

Per l’acquisto: Ultimo mondo cannibale

Ultimo Mondo Cannibale Recensione
Ultimo mondo cannibale (Ruggero Deodato, 1977) – Midnight Classic
Ultimo Mondo Cannibale Recensione
Ultimo Mondo Cannibale Recensione
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *