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Fatal Frames – Fotogrammi Mortali (1996) di Al Festa – Recensione

By on 30 Settembre 2022 0 511 Views

Grazie a Oblivion Film arriva finalmente in DVD e Blu-ray con doppiaggio italiano il tardo giallo di Al Festa FATAL FRAMES – FOTOGRAMMI MORTALI (1996).

Trama

Arrivato da New York a Roma per dirigere un videoclip della cantante italiana Stefania Stella, il regista Alex Ritt (R. Gianasi) finisce per essere testimone di una serie di macabri omicidi. L’assassino potrebbe essere un imitatore dell’inafferrabile Videokiller che anni prima, a New York, uccise 5 donne sfuggendo alle forze dell’ordine. Alex si trova al centro dell’indagine e, mentre la polizia comincia a sospettare di lui, la situazione si fa sempre più spaventosa e inspiegabile quando entrano in gioco forze oscure e fantasmi del suo passato…

Dal videoclip all’horror

Al Festa, regista, compositore e sceneggiatore romano, negli anni ’90 era attivo soprattutto nell’ambiente musicale, con un curriculum che vantava oltre un centinaio di videoclip e diverse collaborazioni con registi come Bruno Mattei, per il quale aveva composto 4 brani finendo pure coinvolto nella causa legata a Terminator 2 (Arnold Schwarzenegger citò l’intera troupe per un milione di dollari di danni, ma questa è un’altra storia che potete ascoltare nell’intervista girata per gli extra del DVD/Blu-ray).

Festa sognava però di dirigere un lungometraggio e, dopo un poco memorabile esordio con Gipsy Angel, finì alla regia di quello che sarebbe diventato, nel bene o nel male, un cult del nostro cinema, cosa da attribuire anche alla natura sfuggente della pellicola (per lungo tempo è stata molto difficile da reperire) ed alla sua fama di horror “maledetto”: FATAL FRAMES – FOTOGRAMMI MORTALI, del 1996.

Il regista riesce qui a conciliare il suo amore per la musica con la passione per il cinema di genere, che omaggia a più riprese confezionando un tardo giallo/thriller dagli echi argentiani/fulciani, dove sfila un cast veramente incredibile a vedersi, con vecchie glorie del panorama italiano e star dell’horror d’oltreoceano.

Un cast d’eccezione

Troviamo per esempio Alida Valli (Il terzo uomo, Suspiria, Occhi senza volto), Ugo Pagliai (La dama rossa uccide sette volte), David Warbeck (…E tu vivrai nel terrore! L’aldilà, Gatto nero, Quella villa in fondo al parco), ma anche la scream queen Linnea Quigley e Angus Scrimm, il famoso Tall Man della saga di Phantasm (qui in un ruolo praticamente uguale).
Fatal Frames acquistò l’aura di film “sfortunato” perché si tratta dell’ultimo set calcato da diversi noti attori, che morirono poco dopo: Ciccio Ingrassia, che fa una fugace e inspiegabile apparizione come senzatetto, Rossano Brazzi, il dottor Lucidi, e Donald Pleasence, qui nelle vesti del Professor Robinson, inviato dell’FBI in aiuto della polizia romana.

Festa non fa certo mistero del suo grande amore per Halloween (pare fosse stato inizialmente opzionato per la regia di Halloween H20), e ritagliò per Pleasence un ruolo del tutto similare a quello del dottor Loomis nel film di Carpenter, che omaggia apertamente nella scena in cui il Professor Robinson, al telefono, saluta tutti e torna in America: “sembra che un vecchio caso si sia riaperto”, ed il professore se ne va, con la colonna sonora di Halloween in sottofondo e un poster del film alle sue spalle (citazione sottilissima!).
La precipitosa e piuttosto randomica uscita di scena di Pleasence non era forse prevista esattamente così da script (è probabile che non sia nemmeno lui nella scena menzionata), ma le riprese con l’attore erano limitate e il povero Donald era già morto da qualche anno quando il film fu portato a termine.
Infatti, le scene girate da Pleasence risalivano al 1993, anno in cui le riprese erano state interrotte per mancanza di fondi. Tornato in pista nel 1995, Festa fu purtroppo obbligato ad eliminare il personaggio di Pleasence, scomparso l’anno precedente.

Le traversie produttive in cui incappò Fatal Frames hanno probabilmente inciso sulla resa generale del film, ma certamente i problemi della pellicola sono di diverso tipo.

Sviluppi bizzarri e location di lusso

Ci troviamo nel bel bezzo di un cervellotico intreccio thrilling, a cui si aggiungo tasselli su tasselli, personaggi su personaggi, passando da killer mascherati e snuff movie, a sedute spiritiche e profezie/leggende con dipinti maledetti, fino a giungere, dopo la bellezza di due ore, a un twist finale che ha il pregio di essere effettivamente inaspettato, ma che ha senso solo se si accetta, allargando le braccia con rassegnazione, una sconvolgente quantità di forzature.
Un film di questo tipo, nelle mani di un Dario Argento, sarebbe stato probabilmente un capolavoro negli anni ’70, anche perché, lo ammettiamo, molti gialli del periodo vivono più di suggestioni che di coerenza narrativa e tante volte si finiva per accettare di buon grado anche finali la cui logica non era esattamente inoppugnabile.
Ma Fatal Frames, uscendo nel 1996, deve per forza fare i conti con un pubblico che si chiede il come e il perché di ciò che guarda, domande a cui non viene sempre data una risposta soddisfacente.

La regia di Al Festa è interessante, pare persino ricercata in certi movimenti, ma il film soffre per un montaggio veramente sincopato da videoclip, transizione tamarre, continui zoom avanti e indietro, personaggi che compiono drammatiche corse a rallenty controluce in mezzo alle nebbie (?) di Roma, e una fotografia fin troppo esasperata nei suoi colori blu e arancio, che conferisce alle ambientazioni un tono onirico e surreale pure quando non dovrebbero averlo.
Perché l’ufficio del produttore e così buio, azzurrino e brumoso? È un sogno o qualcuno ha dimenticato accesa la macchina del fumo? Cosa ci volete comunicare?


La Roma di Fatal Frames è affasciante e misteriosa, ma sempre piuttosto irreale, sia per il fatto di essere così deserta e desolata, sia per i faretti colorati e per le nebbioline che fanno da padrone in ogni sequenza. Rimane una location molto suggestiva di cui si apprezzano sempre gli scorci, e alcuni dei più famosi monumenti della città come la fontana di Trevi, il Colosseo, Castel Sant’Angelo e il Campidoglio fanno da sfondo agli efferati omicidi del killer, come cartoline per turisti patinate e al tempo stesso imbrattate di sangue.

Gore/splatter

Di notevole impatto sono le sequenze gore realizzato dall’esperto di sfx Steve Johnson (Species, Predator, Nightmare 4), per la prima volta in una produzione italiana, insieme al collaboratore Joel Harlow (che aveva partecipato anche alla realizzazione dei costumi di Dracula di Coppola).
Teste mozzate, lame piantate nella carne, sventramenti: effetti riusciti e realistici, per i quali, come si vede nel dietro le quinte, è stato speso tempo ed energia per calchi e prove varie.

Purtroppo le sequenze sanguinose non sono state particolarmente valorizzate, sia a causa di un contesto troppo bizzarro sia per il montaggio discutibile, e solo guardando gli speciali ci si accorge di quanto effettivamente certi momenti fossero brutali, come per esempio la scena dello “snuff movie” che vediamo all’inizio, in cui una donna nuda viene sbudellata a colpi di machete.
L’intera scena d’apertura risulta interessante, realizzata in un gotico bianco e nero “finto” rovinato, forse un omaggio al film L’occhio che uccide.

Musica e omicidi

Nell’arco della storia, impareremo a conoscere l’attrice Stefania Stella, qui nel ruolo di sé stessa, protagonista della vicenda, interprete dei brani musicali e anche maggiore produttrice insieme a Mediaset. All’epoca compagna di Al Festa, si ritaglia ovviamente un ruolo centrale da femme fatale, nonché da super vamp, e l’intero film è costellato da lunghissime sequenze musicali in cui canta, balla e si dimena fra le onde mezza nuda. Oltre a non essere, a nostro parere, una canzone particolarmente d’appeal, gli inserti di videoclip rischiano di uccidere ritmo e tensione, per non parlare della scelta del montatore di inserire continui primi piani (intensissimi!) sul volto dell’attrice, che ti guarda fra le nebbioline con piglio ferino, scene involontariamente comiche nel loro essere completamente fuori luogo.
Fatal Frames pare nascere come una sorta di super spot per la giovane cantante, una sperata rampa di lancio per la sua carriera che sfortunatamente non spiccò mai il volo dal momento che 25 anni più tardi è nota solo fra i fan della pellicola di Festa, a differenza del personaggio che interpreta, presentato nel film come la cantate più conosciuta d’Italia che vanta oltre 700mila copie vendute.


Purtroppo si nota un grosso problema nella scelta dal cast, a fianco di super star e professionisti del settore troviamo attori protagonisti che non sembrano mai troppo convincenti, partendo proprio da Stefania Stella per arrivare ai due interpreti maschili, Daniel (Leo Daniel), il fidanzato di Stella, e il regista americano Alex (Rick Gianasi, che ricordiamo per essere niente meno che il Sgt. Kabukiman della Troma).
I due uomini sembrano appena usciti da un salotto di Maria De Filippi, con i loro corpi scultorei e depilati, gli outfit vagamente burini e le lunghe chiome al vento. Fin troppo simili come attori, tanto che lo spettatore, già confuso dalla miriade di personaggi in scena, si chiede “Come mai hanno fatto un casting del genere? Per metterci ancora più in difficoltà quando cerchiamo di capire chi è chi e chi fa cosa?”
In realtà la vaga somiglia dei due è funzionale a un risvolto di trama talmente assurdo da essere quasi geniale, vedere per credere.

Fatal Frames: Il mito

Fatal Frames – Fotogrammi mortali è un prodotto molto ambizioso, una sorta di piccolo colossal, visto il dispiego di mezzi per ottenere un cast di nomi così importanti, oltre al fatto di essere girato in centro a Roma nelle location più costose e turistiche.

È una pellicola che certamente ha i suoi limiti ma alla quale si vuole comunque bene, ricchissima (praticamente ubriaca) di spunti interessanti, sequenze assurde, volti noti, con un trama avvincente nella sua follia nonostante la lunga durata, una buona colonna sonora, un killer molto classico ma figo e sequenze di omicidio piuttosto brutali.
Quanto è bizzarro e surreale vedere il dottor Loomis nel mezzo di questo colorato freakshow di situazioni e personaggi mal assortiti? Quanto è divertente veder entrare in scena, completamente a caso, il Tall Man di Phantasm o Linnea Quigley nel ruolo di una parapsicologa uscita non si sa da dove?

Il film è diventato negli anni un must per gli appassionati di b-horror ed il regista stesso mostra una passione smisurata, con un prodotto che risulta ipercitazionista e un po’ malinconico, visto il suo sguardo costantemente puntato al cinema dei decenni passati. Al Festa cercò di riportare in auge il giallo in un periodo in cui il cinema di genere in Italia stava scomparendo (e che sarebbe definitivamente morto di lì a poco), un tentativo non proprio riuscita ma che, visto ora, considerando quello che è al momento il cinema italiano, ci porta a pensare che forse Fatal Frames non era poi così male.

Fra gli extra dell’edizione Oblivion trovate un’interessante intervista inedita al regista a cura di Mattia Malavasi (Caffè Da Brivido) e un succosissimo dietro le quinte girato all’epoca con interviste, fra gli altri, a Linnea Quigley e Angus Scrimm.

Per l’acquisto: DVD Blu-ray

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